Quando il vento autunnale suona a morto per le querce
in me non sento il rimpianto della chiara estate
ma l’indicibile orrore delle fioriture avvenire.
Mi rattrista l’aprile futuro
e compiango le potenti foreste condannate
a rinnovarsi ogni anno all’infinito.
Poichè da innumerevoli migliaia di anni
sono le stesse messi e identici i fiori
sbocciati ed appassiti, invariabilmente,
gli stessi venti sussurranti o urlatori,
lo stesso odore tra l’erbe rinverdite,
gli stessi baci, medesimi i dolori.
Ora si addormiranno le foreste, irrigidite
per brina, in loro sonno di breve durata.
Poi, sull’immensità delle pianure intorpidite,
sopra la bianca rigidità dei grandi stagni
vedrò ricomparire all’ora convenuta
come un fantasma implacabile la primavera
oh i soli nuovi, l’ignota stagione!
EPHRAIM MIKHAEL